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"El Grinta"
Recensione di "El Grinta", Film di Joel e Ethan Coen
La prima inquadratura dell’ultimo lungometraggio dei fratelli Joel e Ethan Coen, ci mostra un rifugio in legno, con la luce calda delle lanterne e del fuoco attizzato nel camino che fuoriesce dalla porta semiaperta e dalla finestra e inebria il porticato antistante. La telecamera si sposta lentamente su di un corpo inerte disteso a terra davanti all’ingresso del porticato e successivamente sull’ombra di un uomo a cavallo che fugge al galoppo nel buio della prateria notturna.
E’ la voce narrante della protagonista Mattie Ross (Hailee Steinfeld), che già nel primo piano sequenza ci spiega dove ci troviamo: Fort Smith in Arkansas, fine ottocento; l’uomo a terra è suo padre, derubato e ucciso a sangue freddo quando lei aveva appena 14 anni da un cowboy ubriaco alle sue dipendenze, Tom Chaney (Josh Brolin), che si dileguò con i cavalli appena acquistati dal padre e con due pezzi d'oro "della California".
Qui parte l’avventura di Mattie, adolescente costretta a crescere in fretta, prima perché chiamata a gestire la contabilità degli affari di famiglia e poi perché chiamata a Fort Smith per riconoscere il corpo del padre e riportarlo a casa con l’aiuto del fedele servo.
Ma qui accade l’imprevedibile, perché Mattie non fermerà a Fort Smith solo per compiere il suo mandato, bensì ci rimarrà per cercare di acchiappare l’assassino del padre . Per farlo ingaggerà Reuben J. "Rooster" Cogburn detto “el Grinta”, interpretato dal bravo Jeff Bridge, uno degli sceriffi federali più rinomati per la sua spietatezza e abilità con le armi, ma con il difetto di avere un debole per l’alcol. Alla coppia si unirà anche il giovane ranger texano LaBoeuf (Matt Damon) già da tempo sulle tracce di Tom Chaney, per avere in passato ucciso un senatore e il suo cane in Texas. In realtà il soprannome dato allo sceriffo federale spetterebbe più alla giovane Mattie, per il suo coraggio (indimenticabile la traversata del fiume a cavallo), la sua tenacia e il suo desiderio di andare fino in fondo nella sua battaglia personale, rispettando sempre i codici di condotta e l'etica protestante e presbiteriana che il padre gli ha trasmesso. Quindi potremmo dire “la Grinta” più che “el Grinta”. Ovviamente non mancheranno l’avventura, la caccia all’uomo, le sparatorie, gli inseguimenti a cavallo e le imboscate tipici del genere, ma non sveliamo se Mattie, la cui voce narrante ci accompagna durante tutto il lungometraggio, riuscirà nel suo intento. La giovane ragazzina è un personaggio davvero positivo fuori dal comune e azzarderei a dire unico nel genere western propostoci dai fratelli Coen.
Dopo aver esplorato vari generi, caratterizzandosi in ognuno di essi per la propria forte impronta autoriale, questa volta la coppia Joel e Ethan Coen si cimenta con il cinema western, con meno ironia ma con la consueta attenzione al dialetto dei personaggi e all'amore per il linguaggio. Il mito del selvaggio west, è un genere di grande successo e sul quale il cinema americano si è cimentato fin dalle origini della pellicola.
Per rifare un po’ di storia del cinema, il capostipide del genere western è “The great train robbery”, film muto diretto all’inizio del scolo scorso da Edwin S. Porter. Negli USA il western ha ispirato autori di diversi generi (commedia, tragedia, parodia, musical, ecc.) e sono due i registi americani che hanno pilotato l'età d'oro del film western: Howard Hawks e John Ford. Quest’ultimo lo ricordiamo per aver spesso chiamato John Wayne a recitare nelle sue opere, basti segnalare soprattutto a chi non l’ha mai visto “Ombre rosse” (1939), film che segna il passaggio dal western degli anni trenta, in cui gli eroi erano poco realistici, al genere degli anni successivi sempre più realistico e fedele all'epopea. Con tutti i suoi ingredienti, dalla diligenza agli agguati, dal paesaggio arido e desertico all’assalto degli indiani, dallo sceriffo incorruttibile al banchiere truffatore, dall’eroe che cerca la sua giusta vendetta al classico duello finale tra buono e cattivo, “Ombre rosse” è stato spesso definito la bibbia del genere western ed è ancora oggi considerato tale. Ne “il Grinta”, c’è anche un riferimento allo spettacolo che rese famoso il selvaggio west in tutta l’America, esportato da Buffalo Bill con il suo circo “Buffalo Bill Wild West Show”.
I fratelli Coen sono entrambi autori, sceneggiatori, produttori ma soprattutto registi “made in USA”, infine a volte pure montatori di alcune loro opere tra cui quest’ultima, con lo pseudonimo Roderick Jaynes. Tra le opere che li hanno resi famosi si ricordano “Fargo”, “Il grande Lebovski”, “Fratello dove sei?”, fino ai più recenti “Non è più un paese per vecchi” e “A serious man”.
Ma tornando all’ultimo lungometraggio e al ruolo di Mattie Ross, Ethan Coen in un’intervista ha dichiarato: "E’ una rompiscatole, ma c'è qualcosa di profondamente ammirevole di lei nel libro, da cui eravamo attratti.” Le sessioni di apertura del casting per il ruolo di Mattie Ross, si sono svolte in Texas nel novembre 2009. Il mese successivo, la Paramount Pictures ha annunciato un casting per una ragazza dai 12 ai 16 anni, descrivendo il personaggio come una "giovane donna semplice e dal cuore duro" i cui "insoliti nervi d'acciaio ed i modi semplici sono spesso sorprendenti". La Steinfeld, allora di 13 anni, è stata selezionata da un gruppo di 15.000 aspiranti al ruolo. "E 'stato, come si può immaginare, la fonte di un sacco di ansia", ha dichiarato Ethan Coen al New York Times. "Eravamo coscienti che se la ragazza non avesse funzionato, non ci sarebbe stato il film". E infatti, è proprio grazie alla giovane attrice protagonista, che con questo film i fratelli Coen hanno nuovamente centrato il colpo.
Joseph moyersoen