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"This is England"
This is England di Shane Meadows. Giovani e minori nell'inghilterra del 1983. Recensione di Joseph Moyersoen
Anno 1983. Le immagini di repertorio che accompagnano i titoli di apertura scorrono veloci sullo schermo: la Lady di Ferro Margaret Thatcher incontra Ronald Reagan, le navi della Marina britannica salpano verso l'Argentina, si celebra il matrimonio regale Carlo d’Inghilterra e Diana Spencer, i giovani si scatenano in discoteca e con il cubo di Rubik mentre sulle strade scendono in massa i ribelli arrabbiati e si moltiplicano i gruppi di estremisti skinhead.
Il piccolo Shaun, 12 anni e qualche chilo di troppo, vive con la madre che, in un giorno come altri, lo sveglia per farlo andare a scuola. Shaun si trascina giù dal letto e si capisce subito che non ha una vita facile: il padre è morto durante la guerra delle Falkland e dalla sua scomparsa la moglie porta ancora segni visibili del lutto. Per la sua mole, il suo essere un po’ goffo, solitario, vestito da sfigato con i pantaloni a zampa di elefante e “diverso” dagli altri, il ragazzino viene preso di mira da tutti, soprattutto in ambito scolastico dove, contrariamente a quello che si scopre e si pensa oggi, gli atti di bullismo regnano già sovrani. Quello stesso giorno, rientrando da scuola, Shaun incontra una banda di giovani sbandati e con la testa rasata capitanati da Woody, che lo prende subito in simpatia e lo trascina con se nei propri passatempi strampalati come il gironzolare nei soliti luoghi di ritrovo e l’organizzare scampagnate per distruggere abitazioni periferiche da poco abbandonate.
Fin qui è una storia come un’altra, in cui un ragazzino si divide tra sua famiglia naturale e la sua nuova famiglia amicale. Ma l’arrivo di un ex amico di Woody, Combo, che ha trascorso tre anni di carcere e si è legato ad una banda di veri skinhead che lo ha convinto ad accogliere l'idea razzista e nazionalista del National Front inglese, scombussola la routine della banda, i suoi equilibri interni, i passatempi nel quartiere e innesca una bomba a orologeria.
Parte il tic-tac del timer per Shaun, subito affascinato da Combo, un giovane rasato, tatuato, deciso e determinato, che sembra non aver paura di nulla e di nessuno, tanto da diventare subito il suo protetto. Nella stanza di Shaun la bandiera di San Giorgio, emblema per gli skinhead di supremazia dei bianchi rispetto alle altre razze, prende il posto dei poster dei beniamini di molti giovani dell’epoca.
Ci sono molte similitudini tra la storia di Shaun e il coinvolgimento dei ragazzi minorenni di oggi nelle bande, non solo di skinhead ma anche di altro genere. Basti pensare all’esempio più eclatante dei Latin King, soprattutto a Genova, Milano e aree limitrofe. Sono tutti ragazzi che hanno subito dei traumi e che crescono portandosi dentro dei nodi irrisolti e tramandandoli alle generazioni successive se non adeguatamente rielaborati: l’abbandono nel Paese di origine dalle madri che vengono in Italia quando i figli sono ancora piccoli, l’assenza dei padri dalla nascita o la loro scomparsa in momenti successivi, il percorso migratorio in fase di età preadolescenziale o adolescenziale, la solitudine al loro ricongiungimento con la madre in Italia, in un momento molto delicato visto il cambio drastico di lingua, clima, cultura e ambiente amicale, senza contare che le madri in genere si sono nel frattempo ricostruite una nuova famiglia e non hanno molto tempo da dedicare ai figli appena ricongiunti. Anche le dinamiche di entrata e di collocazione nelle bande sono simili: rituali iniziatici di accesso e definizione chiara dei ruoli di ciascuno. La presa di mira di altri individui, per gli skinhead sono gli immigrati considerati come esseri inferiori da eliminare, mentre per i ragazzi latinos sono gli appartenenti alla banda avversaria considerati come nemici da combattere e da sconfiggere. Questo fenomeno delle bande latino americane è un fenomeno purtroppo inarrestabile, come dimostrano le denuncie alla magistratura ordinaria e minorile, di reati commessi in gruppo quali risse e lesioni, che permangono numerosi nell’ultimo decennio nei distretti di Corte d’Appello di Genova e di Milano. Sarebbe utile approfondire l’argomento, soprattutto rispetto agli interventi di carattere rieducativo - finalità primaria del processo penale minorile - e trattamentale dei minori coinvolti in fatti di reato, per una migliore e più rapida fuoriuscita dal circuito penale.
Dopo aver vinto il Premio Speciale della Giuria al Festival di Roma del 2006, la pellicola di Shane Meadows è stata ospitata ben due volte dal Torino Film Festival. Esce sugli schermi italiani solo alla fine dell’estate 2011, poco dopo alcuni fatti di violenza che hanno segnato una nuova ondata anacronistica di estremismo neonazista in Europa: a luglio una bomba è esplosa nel centro di Oslo e una strage è stata compiuta da un giovane”terrorista” in un campo politico estivo di studenti norvegesi nell’isola di Utoya, mentre in agosto le periferie di Londra sono messe a ferro e fuoco, con incendi e saccheggi.
L’opera sembra avere una struttura semplice, con uno stile che richiama il naturalismo dei suoi connazionali Ken Loach e Mike Leigh, ma in realtà è scandita con tempi più rapidi, è più elettrica e complessa, raccontata con un approccio personale e viscerale. E’ un’opera personale che rivela l’amore per la propria terra, reso palpabile da musiche trascinanti dell’epoca e dalla delusione perché il suo paese non offre molte prospettive ai giovani. Ma è anche una storia di iniziazione e di formazione che proietta un ragazzino, nel corso di un’estate burrascosa e in modo anche traumatico, dall’età infantile all’età adolescenziale. Va segnalato che si tratta anche di un interessante pellicola a valenza storica, sia per le sequenze iniziali e finali, composte da filmati di repertorio che raccontano l’Inghilterra agli inizi degli anni ottanta, che per la riflessione di carattere socio-antropologico sugli skinhead, la loro cultura e le loro idee neonaziste.
Interrogando il regista sul carattere autobiografico del film, quest’ultimo risponde: “Sì, sono stato uno skin e per un periodo ho avuto una mia banda, ma poi me ne sono distaccato. Quando ho incontrato il produttore di “This is England” avevo un paio di idee in testa per un film, ma questo soggetto parzialmente autobiografico era quello che ci convinceva di più. Anche perché il setting era perfetto: parlava di un tempo senza internet, più tribale, con pochi canali tv, le vhs al posto dei dvd, e un modo di fare informazione completamente diverso. Ci sono bambini che oggi non possono credere che vivessimo così.”
Rispetto invece alla straordinaria performance del giovane protagonista, Thomas Turgoose, e al modo in cui il regista ha trovato il suo attore non professionista, Shane Meadows racconta: “Era l’aspetto più difficile e rischioso del film. L’ho cercato ovunque per quattro mesi senza trovarlo, poi mi sono affidato a un grandissimo casting director, Des Hamilton, che ha cominciato a portarmi nelle comunità per ragazzi difficili, nei centri commerciali, per strada alla ricerca di ragazzini “veri”, cioè quelli che fumano, bevono e non gliene frega niente di essere o non essere parte di un film. Quando ho visto Thomas ho capito che era perfetto: non aveva mai recitato, era ribelle a scuola, e naturalmente c’era la possibilità che cominciasse ma non finisse mai il film. Valeva la pena provare: c’era qualcosa di speciale in lui.”
Tornando al nostro Shaun, gli eventi a cui è confrontato diventano via via sempre più crudi e violenti, fino a farlo desistere volontariamente dal mantenere i rapporto con Combo e i suoi adepti, a loro volta in contatto con altri skinhead più altolocati e introdotti ai “piani alti”. Infatti quando l’amico Micky viene pestato a sangue da Combo in un’esplosione di brutale violenza sotto l’effetto degli stupefacenti, Shaun resta sconvolto e si allontana definitivamente dal gruppo. Qui il regista utilizza un espediente cinematografico per mostrare il senso di abbandono e di tradimento provato da Shaun per il comportamento di Combo, le immagini che nei pensieri di Shaun si sovrappongono sono tutte legate a scene dal fronte, scene di morte e feriti di guerra, il ritratto del padre che il ragazzo stringe tra le mani. Solo in quel momento la famiglia naturale di Shaun torna ad essere per lui la vera famiglia mentre il gruppo amicale perde quel ruolo principale e attraente che aveva avuto fin’ora. Shaun è di nuovo solitario, ma questa volta ha il coraggio delle sue azioni, emblematico il lancio a mare della bandiera di San Giorgio, fino a quel momento per lui simbolo di forza e sicurezza.