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"Io e te"

Recensione dell'ultimo film di Bernardo Bertolucci tratto dall’omonimo romanzo di Niccolò Ammaniti

L’ultimo lungometraggio di Bernardo Bertolucci è tratto dall’omonimo romanzo di Niccolò Ammaniti e affronta una serie di temi attuali e complessi legati al mondo dell’adolescenza.

Bertolucci ritorna sul grande schermo per 10 anni di assenza dovuti a problemi di salute,  che lo hanno costretto su una sedia a rotelle. Dopo “The Dreamers” in cui tre adolescenti durante la manifestazione del ‘68 a Parigi si chiudono in un appartamento in assenza dei genitori e si confrontano e sperimentano in totale libertà, il regista si cimenta anche questa volta con un adolescente borghese e in un ambiente chiuso.

La prima inquadratura mostra il quattordicenne Lorenzo (interpretato da Jacopo Olmo Antinori) dallo psicologo, anch’esso non a caso su una sedia a rotelle (interpretato da Pippo Delbono) durante una seduta di analisi. Significativo lo scambio di battute tra lo psicologo (“come ti sei sentito?”) e il ragazzo (“normale”), che racchiude l’intero mondo reale ed interpretativo dell’analisi: da un lato la difficoltà degli adolescenti di esprimere e parlare delle proprie emozioni e di comprendere e svelare  la propria intimità; dall’altro il lavoro degli psicologi di interpretare cosa significa quel “normale”, di leggere tra le righe e dietro ai comportamenti per poter fornire ai pazienti gli strumenti che li aiutano a conoscersi e a relazionarsi in modo più adeguato con gli altri.

Lorenzo è un adolescente intelligente ma vittima della propria timidezza e difficoltà nel relazionarsi sia con gli adulti che con i propri coetanei. La scuola ha organizzato la settimana bianca e Lorenzo finge di accettare di partire insieme ai compagni, ma in realtà architetta un piano per nascondersi, durante la settimana bianca, nella cantina di casa per starsene finalmente tranquillo, in compagnia solo delle cuffie e del rock.

La vita per Lorenzo non è semplice, la scena al ristorante con la madre (interpretata da Sonia Bergamasco) che lo riprende in continuazione scatenando la reazione provocatoria del ragazzo e lasciandola in totale imbarazzo, lo mette ancora più in evidenza. Così come il legame affettuoso con la nonna in ospedale, mostra anche il lato che Lorenzo non riesce ad esprimere con gli altri.

Il piano architettato funziona, Lorenzo si trasferisce munito del kit di sopravvivenza (sacco a pelo, racconti di vampiri, musica rock, coca-cola e merendine). Tutto fila liscio, fino all’irruzione in cantina di Olivia (interpretata da Tea Falco) la ventiquattrenne sorellastra esuberante ed eroinomane, in cerca di uno scatolone con le sue cose, andata via di casa dopo un furioso litigio con la madre per vivere all’opposto di Lorenzo senza catene, né complessi e in piena libertà. In comune i fratelli hanno il fatto di essere entrambi infelici e a disagio in un mondo e in una famiglia che li fanno sentire quasi invisibili.

Ma la convivenza dei due protagonisti non si rivela facile, sia per lo stato psicofisico della sorella, costretta senza soldi a subire durante la permanenza in cantina una dura crisi di astinenza, che per la ristrettezza degli spazi.

Il perché del rinchiudersi in cantina è chiaro per entrambi: spersi tra adulti lontani, feriti o inerti, Lorenzo fatica a comunicare ed interagire con gli altri, mentre Olivia vuole stare lontano dalla tentazione della sua dipendenza e non vuole mostrare a nessuno il suo stato durante la crisi di astinenza. Tra scontri e incontri, i due si ritrovano e riallacciano faticosamente un vecchio legame. La dipendenza potrebbe essere una chiave di lettura del film, perché entrambi i protagonisti hanno la propria dipendenza. Nonostante le strade percorse così diverse, le reciproche dipendenze potrebbero essere trasferite nel rapporto che li lega. Come i protagonisti di “The Dreamers”, entrambi i ragazzi non vanno d’accordo con il mondo, anche se in questo caso scelgono una cantina piuttosto che una tenda in salotto di casa.

Entrambi i personaggi sono stati costruiti con grande cura e le tecniche di ripresa riescono a farci entrare subito nel loro mondo, basti segnalare l’ingresso di Olivia inquadrata di spalle, in cui si vede solo un lungo e peloso mantello che potrebbe nascondere chiunque, ma non certo la lunga chioma bionda che solo poco dopo si disvela, nonché i primi piani sui volti molto espressivi di entrambi i giovani (il volto di Jacopo Olmo Antinori ci ricorda Malcolm McDowell di “Arancia meccanica”). Il lungometraggio, di cui il regista è anche co-sceneggiatore insieme allo stesso Ammanniti, è stato presentato con successo al 65º Festival di Cannes. Da segnalare anche la fotografia di Fabio Cianchetti e i brani musicali di Bowie, Muse e Cure, che accompagnano la pellicola.

Il filo rosso che collega le opere di Bernardo Bertolucci “The Dreamers”, “Io e te”, “Io ballo da sola”, “La luna”, “Il piccolo Buddha” e “L’ultimo imperatore”, è l’adolescenza. Ma mentre nelle prime opere citate l’adolescenza è rappresentata da personaggi rissosi che faticano ad aprirsi all’esterno, nelle ultime due è rappresentata da ragazzi obbligati malgrado loro ad affrontare un destino molto più grande che li costringe ad aprirsi al mondo.

“Io e te” è un film intimista, ma con una grande forza espressiva e fuori dal tempo, perché rappresenta le nostre cantine interiori, in cui si annidano paure e giacciono impolverati conflitti non risolti.

La settimana bianca finisce. E’ chiaro che il regista è dalla parte dei due giovani protagonisti, come se stesse a fianco di ogni “dreamer”, fino alla reciproca promessa di  Lorenzo di sforzarsi di comunicare con gli altri e di Olivia di smettere di bucarsi, prima di uscire fuori sotto la luce del sole e tornare alla vita “normale”.


Joseph Moyersoen