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Sentenza GUP TM Milano 13.11.2007, est Zappia

Messa alla prova, presupposti e finalità, atteggiamento utilitaristico, rigetto

Dalla motivazione:

A parere dei giudicanti, la messa alla prova, istituto cardine del processo penale minorile, esprime nella massima estensione la finalità rieducativa che il legislatore del 1988 ha inteso imprimere a tale strumento processuale. Esso rappresenta una progressione rispetto all'altro istituto del perdono giudiziale, già introdotto nell' ordinamento con il codice Rocco del 1930 e ampliato nella sua operatività con il R.D.L.vo 20\7\1934 n. 1404 istitutivo del Tribunale per i Minorenni, e muove dalla stessa esigenza, di rinunciare alla affermazione della responsabilità penale del soggetto e alla realizzazione della pretesa punitiva, ove sia accertato che egli, dal tempo del commesso reato, ha conseguito una completa riabilitazione, che fa fondatamente valutare scongiurato il rischio di recidiva. Gli elementi di distinzione e sviluppo rispetto al primo istituto sono rappresentati dal fatto che la messa alla prova può essere applicata anche a reati punibili in concreto con pena superiore ai due anni di reclusione, e che il percorso riabilitativo avviene all'interno del processo, e viene guidato e monitorato dallo stesso organo giudicante, con il determinante intervento, in termini di formulazione del progetto e di attuazione delle misure previste, dei servizi sociali specializzati ministeriali (USM) e territoriali, con una particolare accentuazione dell' aspetto della modifica, attraverso il sostegno rieducativo, dei fattori personologici che hanno determinato o comunque favorito la condotta deviante.

Ciò non vuol dire, certamente, che con la messa alla prova si richiede al probando di cambiare personalità, per aderire a un modello astratto, ideale, proposto dall'organo giudicante o dal servizio psico-sociale; la richiesta che viene posta al pro bando, - e che costituisce l'obiettivo di fondo di ogni messa alla prova, indipendentemente dalle singole prescrizioni che rappresentano gli strumenti operativi, prescelti di volta in volta in ragione delle caratteristiche del soggetto in esame: - è invece quella di impegnarsi, con l'aiuto e la guida degli operatori dei servizi specialistici interessati, in una attività di riflessione critica e introspezione personale sulla propria condotta deviante, sulle ragioni soggettive e oggettive che l’hanno determinata, sulla propria concezione del rapporto con la norma (educativa, morale, sociale, penale), con la trasgressione, con la responsabilità; sulle conseguenze del reato, per le persone offese o, in genere, per la collettività. Certamente la richiesta di tale cammino critico tiene conto, caso per caso, delle caratteristiche e risorse personali del soggetto probando, che possono in alcuni casi produrre rielaborazioni particolarmente approfondite e ricche di sfumature, mentre in altri casi possono consentire percorsi più semplici, e limitati, ma in ogni caso il parametro principale di valutazione dell' esito della messa alla prova è dato dall' impegno autentico del soggetto - con gli strumenti e i limiti dati dalla sua dotazione di risorse e potenzialità - ad accettare il confronto su questi temi, a porre in discussione il proprio modo di relazionarsi con gli altri e con le norme, non per appiattirsi - in modo adesivo e strumentale sui criteri proposti dagli operatori, ma per ingaggiarsi in un esame critico della validità delle proprie e altrui opzioni nel confronto con le norme violate e con i diritti delle vittime o comunque dei soggetti sui quali ricadono in qualche modo le conseguenze della propria condotta delittuosa. Altro fondamentale obiettivo, complementare al primo, e particolarmente significativo ove il reato abbia comunque delle ricadute sulla vita o incolumità delle persone, è poi quello di accompagnare il probando ad acquisire gradualmente una consapevolezza della consistenza e ampiezza di tali ricadute, e a farsene carico, acquisendo nel contempo il senso e il significato della propria responsabilità verso i singoli e verso la società nel suo insieme.

Solo ove tali percorsi siano stati compiuti, alla fine della messa alla prova si potrà ritenere fondatamente scongiurato il rischio della recidiva e dare luogo all' estinzione del reato; non si può infatti ignorare che l'espressione “evoluzione della personalità” menzionata nell'art 29 DPR 488\1988 va intesa non nel senso di una generica crescita personale del probando, ma di una maturazione sui temi, aspetti e fattori che hanno influito specificamente sulla condotta delittuosa. Se così non fosse, la messa alla prova sarebbe un mero intervento assistenziale, e non avrebbe alcuna giustificazione il suo inserimento in un processo penale; mentre si tratta di un istituto processualpenalistico, che comporta limitazioni alla libertà personale del soggetto, vincolato alle prescrizioni, e in cui, in caso di esito positivo, i vantaggi. per l'imputato - consistenti nella prospettiva di non subire una condanna e di veder dichiarata l'estinzione del reato - sono pari a quelli della società, che non ha più ragione di difendersi rispetto a un soggetto ormai completamente recuperato.

 

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