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Accoglienza minori ucraini
Adozioni di minori con bisogni speciali
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Sentenza 20.9.2011, est Villa
Adozione, minore cittadino rumeno, stato di abbandono in Italia, accordo Italia Romania, richiesta di rimpatrio, non accoglimento, presupposti
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano il
TRIBUNALE PER I MINORENNI di MILANO
riunito in camera di consiglio nella persona dei signori:
dr. Luca Villa - Presidente rel.
dr.ssa Paola Ghezzi - Giudice
dr.ssa Maria Domenica Maggi - Giudice onorario
dr. Gianni Kaufman - Giudice onorario
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel procedimento N° 161/11 RG/e e nel proc N. 76/11 RG ADS a tutela della minore
G. G. C. nata a Rho il xx.xx.2011, curatore della minore avv Grazia Cesaro del foro di Milano
figlia di
G. J. nata in Romania il xx.xx.1985 dimorante a Rho, con l’assistenza dell’avv. ZINGALE Riccardo Elio con studio in Milano via Capucccini n. 14, nominato d’ufficio
Il procedimento ex art 330 e ss cc n. 161/11 è stato aperto su istanza del PM 21 gennaio 2011 che chiedeva il collocamento in comunità della madre e della neonata, allegando la segnalazione 19 gennaio 2011 dell’azienda ospedaliera di Garbagnate M.se dalla quale emergeva:
- la madre era stata ricoverata la mattina stessa del parto e inizialmente aveva espresso l’intenzione di non riconoscere la figlia
- al momento della nascita cambiava idea riferendo di voler recarsi in seguito in Romania facendo riconoscere la figlia al padre naturale (peraltro non sarebbe in grado di indicare quale sia la residenza in Romania)
- dal colloquio era altresì emerso che la donna non si era fatta seguire durante la gravidanza, viveva in abitazione fatiscente (una baracca al margine del cimitero) non era conosciuta dai servizi sociali mentre le forze dell’ordine la conoscevano per l’attività di prostituzione, per l’essere stata abbandonata dallo sfruttatore dopo la scelta di portare a termine la gravidanza, per essersi fatta aiutare da un amica senza peraltro farsi seguire dal punto di vista sanitario
- da ultimo aveva dichiarato la propria disponibilità ad un progetto di tutela che la veda collocata in una struttura con la figlia.
Con decreto 21 gennaio 2011 il Tribunale ha pertanto affidato la minore al Comune di Rho incaricando l’Ente affidatario di provvedere al suo collocamento con la madre in una Comunità ove la minore potesse essere adeguatamente seguita nei suoi bisogni di crescita e dove fosse possibile effettuare un’accurata osservazione psicologica del rapporto intercorrente con il genitore ed attivare un sostegno alla genitorialità; di provvedere al suo collocamento da sola in caso di allontanamento della madre o se la stessa avesse posto in essere atti pregiudizievoli per la minore; di predisporre tutti gli opportuni sostegni e controlli; di effettuare un accurato accertamento psicodiagnostico sulle caratteristiche di personalità della madre, nonché sulla sua capacità di svolgere in modo adeguato i loro compiti genitoriali; di inviare la madre ai competenti servizi specialistici e di riferire al Tribunale sulla situazione della minore entro il 30.3.2011. Prescriveva al genitore di collaborare all’attuazione del provvedimento e fissava l’udienza del 27 gennaio 2011 per l’audizione di G. J. evidenziando in motivazione che si doveva “assecondare la disponibilità da ultimo manifestata per verificare se vi è possibilità di elaborare un progetto a tutela della minore che comprenda un sostegno alla genitorialità della donna per aiutarla ad emanciparsi dalle condizioni di degrado che ne hanno sin qui connotato la condotta e lo stile di vita”.
Alle udienze del 27.1.2011 e 28.3.2011 la madre non si presentava nonostante la regolarità della notifica.
Con relazione 7 febbraio 2011 il servizio sociale comunicava che la madre aveva dichiarato di non essersi presentata in udienza perché non tempestivamente avvisata (l’ospedale comunicava invece di aver dato puntuale informazione). La donna, pur mostrandosi in ospedale attenta alle esigenze della minore ed adeguata nell’accudimento primario, non accettava il proposto collocamento comunitario, affermando di dover svolgere l’attività (meretricio) per poi organizzare il rientro in Romania, unitamente alla neonata, e ricongiungersi all’altro figlio di 8 anni. Chiedeva insistentemente di essere sentita dal giudice. La neonata veniva pertanto collocata in comunità da sola e negli ultimi giorni la madre aveva diradato la presenza agli incontri.
Il 14.2.2011 il Servizio Sociale inviava comunicazione con la quale si chiedevano visite in spazio neutro e la segretazione comunità per alcuni comportamenti anomali della madre.
All’udienza del 28.2.2011 la madre nuovamente non si presentava
Il 7.2.2011 il servizio sociale ha trasmesso copia della relata di notifica effettuata il 17.2.2011 a mani proprie della madre. Gli incontri tra minore e madre non avevano avuto luogo perchè, una volta contattato il servizio spazio neutro e fissato il primo incontro di conoscenza, la madre era risultata irreperibile. Anche il secondo appuntamento fissato non si è tenuto per la medesima ragione. Il 7.3.2011 la signora contattava il servizio sociale fornendo una nuova utenza telefonica e chiedendo di poter vedere la figlia e veniva dato un nuovo appuntamento per comprendere le sue effettive intenzioni.
Con comunicazione 9.4.2011 il consolato generale della Romania chiedeva il rimpatrio del minore allegando il relativo programma di rimpatrio.
A seguito di richiesta del PM 26.5.2011 veniva aperta procedura per dichiarare l’adottabilità della minore.
Dalla relazione 30.5.2011 del servizio Sociale SERCOP emergeva il sostanziale disinteresse della madre. In particolare il servizio riferiva:
- che dai colloqui psicologici, cui la madre ha partecipato in maniera assolutamente discontinua, emergeva un atteggiamento superficiale e sfuggente, saltando gli appuntamenti per impegni non specificati o adducendo come giustificazione il fatto che dormiva. La madre inoltre si è assentata dall'Italia per circa due settimane (tra aprile e maggio), e tali assenze erano tanto più gravi in considerazione della tenera età di C.;
- ad alcune domande la madre ha evitato o si è rifiutata apertamente di rispondere, ad esempio affermando "Lei non è pazza, vuole portare la bambina in Romania, il giudice non può dire di no perché era lei con le ha gambe aperte (riferendosi al fatto di aver partorito)";
- quanto al presunto padre lo stesso non ha mai proceduto al riconoscimento e rispetto allo stesso la signora è stata estremamente sfuggente non fornendo informazioni. La sensazione è che la signora G. tenda a rispondere in base a quelle che percepisce essere le aspettative dell'interlocutore cadendo spesso in contraddizione. Quando le vengono evidenziate diventa marcatamente reattiva sia verbalmente sia nel comportamento, interrompendo colloquio;
- a livello anamnestico ha riferito che i genitori vivono al piccolo paese della Romania insieme alla sua prima figlia di otto anni. La madre non ricorda con esattezza i nomi e l'età dei fratelli, che dice essere 8, afferma che una sorella vive a Vicenza ed ha due figli mentre gli altri fratelli e sorelle vivono in Romania. Non ricorda l'età dei genitori e dice che sono pensionati. La prima figlia è stata lasciata in Romania con i nonni dall'età di due anni e non la vedeva da sei mesi circa. Anche la prima figlia non è stata riconosciuta dal relativo padre. Quanto all'attività in Italia ha dapprima riferito di aver vissuto facendo l'elemosina e in seguito di essersi prostituita per strada e ancora di recente era stata controllata identificata dalla polizia locale di Rho il 17 maggio 2011;
- rispetto alla gravidanza la madre ha riferito che non era voluta, ed aveva scoperto di essere incinta oltre il termine per abortire. Ha confermato di non aver fatto esami ad eccezione del prelievo per verificare l'Hiv, risultato negativo. La psicologa ritiene che tali atteggiamenti siano sintomatici di una negazione della gravidanza, non riuscendo in alcun modo a mentalizzarla, esponendo in tal modo la figlia a consistenti pericoli potenziali, anche se nei fatti la piccola è nata assolutamente sana;
- il funzionamento psicologico della madre pare centrato unicamente sull'agito ed è caratterizzato dall'assenza più totale di uno spazio di pensiero relativamente almeno al soddisfacimento di bisogni primari di un neonato. Rispetto al rifiuto ad entrare in comunità con la piccola signora ha affermato che "deve lavorare", perché ha un'altra figlia da mantenere aggiungendo: "non ho bisogno di andare in una comunità con la bambina, la cresco io";
- dall'osservazione della relazione madre/bambina è emerso l'atteggiamento connotato da consistente distanza: la madre accudisce la piccola somministrando del latte, interagisce con lei mostrandole un gioco portato dell'educatrice della comunità, appare però sbrigativa e frettolosa. Trascorre molto tempo facendole delle foto da inviare propri genitori, coglie segnali del sonno ma poi si spazientisce se la piccola non s'addormenta. Anche l'operatore di spazio neutro ha riferito delle difficoltà della signora nell'instaurare con la figlia una relazione affettiva significativa duratura;
- in conclusione la superficialità della madre, il passaggio all'agito e la mancanza di medicalizzazione, la marcata reattività e la scarsa tolleranza, le frustrazioni nonché un atteggiamento sfuggente e manipolatorio la rendono incapace di accedere alla possibilità di ricevere aiuto anche solo dal punto di vista concreto.
A seguito di istanza del Pubblico Ministero con decreto presidenziale ex art 10 l. 184/83 si è disposta l’apertura di procedura relativa allo stato di abbandono del minore con nomina del difensore d’ufficio.
Con decreto 8 giugno 2011[1] si confermavano le precedenti statuizioni (tanto più che la situazione di abbandono della minore si era ulteriormente aggravata), si nominava curatore speciale, si evidenziava che la richiesta dello Stato rumeno era priva di informazioni sulla condizione in cui si sarebbe trovata la minore una volta rimpatriata e si disponeva nuova convocazione della madre ex art 12 l. adoz formulando gli avvisi di rito.
Anche all’udienza del 29.6.2011 la madre non si è presentata attesa peraltro la sua irreperibilità. Peraltro anche il legale nominato d’ufficio riferiva dei contatti con la cliente e dell’impossibilità di convincerla ad entrare in comunità.
Il 6 luglio il servizio sociale comunicava di non aver più contatti con la madre e che la polizia locale non era riuscita a convocarla in particolare aveva saltato gli ultimi due incontri spazio neutro con la figlia senza preannunciare tali assenze nonostante fosse stata contattata telefonicamente dall'operatore.
Con comunicazione 18 luglio il servizio sociale riferiva di aver rintracciato la madre l'11 luglio 2011, la signora riferiva di essere stata in Romania di essere nuovamente in stato di gravidanza. Indirizzata al consultorio ha interrotto la gravidanza e ha chiesto di essere sentita dal giudice di vedere la bambina.
Con fax 9 agosto 2011 il consolato della Romania ha chiesto nuovamente il rimpatrio allegando l'inchiesta sociale; dalla stessa emerge che in Romania la madre non ha mai abitato, le condizioni del domicilio dei nonni materni sono precarie, l'abitazione presenta un alto di usura essendo distaccata dall'energia elettrica. Il nonno materno è pensionato, la nonna materna insieme a due bambine ricevono l'assegno sociale. A seguito di specifica richiesta i nonni materni hanno espresso il desiderio del rimpatrio della bambina, ma hanno anche riferito che non possono occuparsi della sua crescita non avendone la possibilità; il progetto prevede pertanto l'inserimento della bambina nel sistema di protezione Olt, l'iscrizione al medico di famiglia e si evidenzia che in famiglia non esistono le possibilità di allevare la bambina; si raccomanda pertanto l'affidamento in regime d'urgenza ad un'assistente maternale professionista del tipo familiare.
Anche all'udienza del 6 settembre 2011 la madre non si è presentata nonostante la regolarità della notifica.
Il Pubblico Ministero, con parere 13 settembre del 2011, ha chiesto dichiararsi l'adottabilità della minore trovandosi in stato di abbandono.
La difesa della madre non ha depositato memoria nei termini concessi.
Il curatore della minore con memoria 16 settembre 2011 ha chiesto dichiararsi lo stato di adottabilità, di disporre l'interruzione dei rapporti con la madre, di dichiarare la madre decaduta dalla potestà genitoriale, di confermare l'affidamento della minore al comune di Rho e il suo collocamento provvisorio presso una famiglia avente requisiti per l'adozione. In particolare il curatore speciale, richiamati i fatti di causa e ritenuta la sussistenza dell'abbandono morale e materiale della minore, evidenzia come la richiesta di rimpatrio formulata dal consolato generale di Romania non possa impedire la dichiarazione di adottabilità della minore evidenziando come l'accordo bilaterale 9 giugno 2008 e la successiva circolare del ministero dell'interno 246/2009 non deroghino alle leggi e agli accordi internazionali sottoscritti dallo Stato italiano. L'accordo stesso d’altronde prevede che le parti devono collaborare "in conformità con le rispettive legislazioni nazionali” e all'articolo 9 specifica che il presente accordo “non pregiudica gli obblighi derivanti da parte dalla sottoscrizione degli altri accordi internazionali". Anche la convenzione di Vienna del 1963, implicitamente richiamata dall'articolo 9 dell'accordo, prevede che tra le funzioni consolari (articolo 5) vi sia anche il compito di "tutelare, nei limiti stabiliti dalle leggi dei regolamenti dello Stato di residenza, l'interesse dei minorenni e degli incapaci cittadini dello Stato di invio, particolarmente quando sia richiesta al riguardo l'istituzione di una tutela o di una curatela”, nonché "proteggere nello Stato di residenza di interessi dotati di invio dei suoi cittadini, siano queste persone fisiche oppure giuridiche, nei limiti ammessi dal diritto internazionale". L'accordo pertanto non può derogare a quanto previsto dal regolamento CE 2201/2003, ove al capo due, sezione due, si statuisce che in presenza di un minore comunitario sul territorio di un altro Stato privo di figure che esercitino la potestà genitoriale, la decisione sulle questioni attinenti alla responsabilità genitoriale-quindi anche sul rimpatrio-debba essere assunta dall'autorità giurisdizionale competente ai sensi dell'articolo 8 del regolamento: quindi l'autorità giurisdizionale dello Stato di residenza del minore, trattandosi di minore appartenente a Stato della comunità. L'applicabilità nel caso di specie è certa e la Corte di giustizia europea nella causa C-435/06 del 27 novembre 2007 ha precisato che il giudice nazionale incaricato di applicare, nella propria competenza, le norme di diritto comunitario, ha l'obbligo di garantire la piena efficacia di tale norma disapplicando, se necessario di propria iniziativa, qualsiasi disposizione della legislazione nazionale contrastante (sentenza emessa proprio in un caso di apparente contrasto tra regolamento e un accordo tra alcuni Stati membri dell'unione). L'articolo 23 del regolamento attribuisce inoltre all'autorità giurisdizionale il diritto di rifiutare il riconoscimento di un provvedimento straniero se, tenuto conto superiore interesse minore, esso appaia manifestamente contrario all'ordine pubblico dello Stato membro richiesto. Analoga disposizione è infine contenuta nell'articolo 37 bis della legge 184/1983 ove si prevede che "ai minori stranieri che si trovano Stato situazione di abbandono si applica la legge italiana in materia di adozione, di affidamento e di provvedimenti necessari in caso d'urgenza". Ritiene il curatore che l'accordo bilaterale contrasti altresì con l'articolo 13 della Costituzione italiana limitando la libertà personale del minore. Infine, sottolinea il curatore, come una decisione di rimpatrio sia palesemente in contrasto con l'interesse del minore e con l'articolo 12 della convenzione di New York del 1989 in materia di ascolto del minore.
Motivi della decisione
Le circostanze sin qui esposte dimostrano pienamente le condizioni di abbandono morale e materiale nelle quali la madre ha lasciato la minore, senza mai compiere qualsivoglia atto che possa venire minimamente interpretato almeno come un tentativo di comprendere le sofferenze della bambina e le sue esigenze, né attivarsi per porsi in condizioni di rispondervi. La madre – che già durante la gravidanza aveva dimostrato scarsa attenzione al nascituro non effettuando i controlli di rito e che si era mostrata altresì indecisa sul riconoscimento, si è dapprima rifiutata di entrare in comunità con la bambina (preferendo continuare ad esercitare la prostituzione), ed in seguito ha saltato numerosi incontri tra quelli programmati e – nonostante gli avvisi di rito formulati ex art 12 - non si è mai presentata in udienza innanzi al Tribunale dimostrando con tale inequivocabile comportamento di non aver alcun autentico interesse per la minore o comunque di non essere disposta ad occuparsi della minore intraprendendo un percorso che comprendeva ovviamente un mutamento dello stile di vita.
Sussistono pertanto tutti i presupposti dell’abbandono morale e materiale e deve esserne dichiarata la decadenza dalla potestà genitoriale.
Si può sin d’ora osservare che ai sensi dell’art 1 del reg CE 2201/2003 (applicabile nel caso di specie trattandosi di cittadino comunitario) tale regolamento si applica alle decisioni relative “all'attribuzione, all'esercizio, alla delega, alla revoca totale o parziale della responsabilità genitoriale” e sussiste la competenza del giudice italiano posto che è in Italia che il minore ha la residenza abituale (art 8 co 1).
La condotta della madre integra senza dubbio i presupposti per dichiarane la decadenza ai sensi dell’art 330 cc atteso il prolungato disinteresse ed il grave pregiudizio cui ha esposto la figlia.
Ciò premesso non ritiene il Tribunale che possa accogliersi l’istanza di rimpatrio.
Come ha correttamente osservato il curatore, l’accordo intergovernativo Italia/Romania, da inquadrarsi in un accordo in forma semplificata, prevede già al suo interno, il limite della riserva di legge e non può pertanto derogare ad eventuali leggi che già disciplinano la materia non essendo stato ratificato dal parlamento ex art 80 Cost.
La materia del rimpatrio è in realtà stata disciplinata dapprima dalla convenzione dell’Aja del 1980, ratificata con la legge 64/94, ed in seguito (per i cittadini comunitari) dal Regolamento CE 2201/2203. In entrambe le normative si prevede – per quel che concerne l’Italia - da un lato l’intervento dell’autorità centrale convenzionale quale autorità deputata a inoltrare le richieste di rimpatrio, mentre nell’accordo intergovernativo di tale autorità non se ne fa menzione (e non pare indifferente che mentre l’autorità centrale convenzionale è un’articolazione del Dipartimento Giustizia Minorile presso il ministero della giustizia, nell’accordo tra Italia e Romania competente è un’autorità facente parte invece del Ministero dell’Interno e certamente meno attenta allo specifico minorile) ma, ed quel che è più rilevante, mentre nelle due citate convenzioni vi è comunque la possibilità da parte dello stato richiesto di valutare quale sia l’effettivo interesse del minore, nulla di tutto ciò traspare dalla lettura dell’accordo Italia/Romania.
Nell’accordo inoltre non è previsto alcun ruolo da parte della magistratura minorile (prevista invece nelle leggi di ratifica delle convenzioni).
Non ritiene il collegio che nel caso di specie possa applicarsi la Convenzione Aja del 1980 posto che non vi è stato alcun trasferimento illecito (il minore è nato in Italia) così come delineato all’art 3, e posto che non vi è alcun soggetto che esercitasse effettivamente il diritto di custodia e che pertanto legittimamente possa chiederne il rientro (art 3, co I secondo paragrafo).
Sussiste invece la competenza italiana, posto che – come già sottolineato – il Regolamento individua nella “residenza abituale” del minore il criterio generale di giurisdizione in materia di responsabilità genitoriale (sul punto cfr Corte Giustizia del 2.4.2009 nella causa C-523/07). Il minore è nato in Italia, e da allora ha sempre risieduto in Italia venendo cresciuto in un contesto ove si parla unicamente la lingua italiana visto l’abbandono da parte della madre.
Il Reg CE 2201/2003 prevede, analogamente alla Convenzione Aja 1980, agli articoli 10 e 11, che si possa chiedere il rientro del minore quando il minore aveva nell’altro stato la sua abituale residenza prima della sottrazione (art 10). Inoltre anche tale regolamento prevede che la domanda sia formulata da un soggetto, o da un ente o organo che stia esercitato il diritto di affidamento.
Difettando tutti questi presupposti non è neppure il caso di esaminare se sussistano gli estremi di cui all’art 13 della Convenzione Aja, norma richiamata anche nel reg CE all’art 11 (ed in particolare al comma 8), posto che il programma di rimpatrio non prevede e non garantisce alcun immediato collocamento in contesto famigliare (e tanto meno il rientro nella famiglia d’origine escluso come si è visto dalla stessa inchiesta sociale) ma un collocamento a cura del sistema di Protezione sociale (con soluzioni non meglio definite) e quindi con tempi di collocamento in altra famiglia destinati a protrarsi nel tempo, piuttosto che addivenire, come contestualmente si sta decidendo, ad un immediato collocamento in famiglia adottiva. Tale bilanciamento degli interessi del minore è tra l’altro imposto dalla raccomandazione del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, CM/Rec (2007) sui progetti di vita in favore dei minori migranti non accompagnati, 12.7.2007, ove si prevede come in base ad una «valutazione costante, basata sugli scambi tra il minore e le autorità competenti» che si dovrebbe «prendere in considerazione il profilo e le aspettative del minore straniero non accompagnato e le opportunità che gli sono offerte nel paese di accoglienza e in quello di origine».
Come già ritenuto da questo Tribunale[2], non si ignora che, secondo un orientamento dottrinale e giurisprudenziale, la concreta possibilità per il giudice italiano di emettere un provvedimento di adozione di un minore straniero che si trovi in Italia non sussiste qualora le Autorità del paese di origine del minore ne abbiano richiesto il rimpatrio, in quanto tale richiesta esprimerebbe la volontà della autorità d’origine di riassumere sul minore la protezione nei modi e secondo le procedure ritenute opportune dallo Stato di appartenenza e pertanto precluderebbe la configurabilità di uno stato di abbandono. Ciò in conseguenza del riconoscimento della sovranità dello Stato straniero, da rispettare a condizione di reciprocità, nell’assetto di lealtà dei rapporti interstatuali e di collaborazione internazionale. Le autorità italiane possono, secondo tale interpretazione, al massimo adottare i provvedimenti di urgenza necessari. E ciò anche in applicazione della convenzione dell’Aja del 5.10.1961 sulla protezione dei minori.
Ritiene peraltro questo Tribunale maggiormente condivisibile l’orientamento giurisprudenziale (Cass.1992/1128; 4.11.1996 n. 9576) secondo il quale la normativa citata comporta non soltanto sul piano processuale la giurisdizione del giudice italiano a prescindere dagli elementi di collegamento previsti dalla legislazione interna, ma anche, sul piano sostanziale, l’assoggettamento del rapporto alla normativa interna, conformemente a quanto stabilito dall’art 37 l. adozione, in deroga alle comuni regole di diritto internazionale privato, con la conseguenza che la richiesta di rimpatrio della Autorità del Paese di origine non solo non è idonea ad escludere la giurisdizione italiana, ma non fa neppure venir meno l’applicazione della legge italiana, attesi gli stretti collegamenti tra giurisdizione e legge applicabile in materia. Nel caso di specie il minore non ha compiuto ancora un anno, non può ovviamente essere sentito e se ne deve interpretare l’interesse e ritiene il collegio che sia assolutamente prioritario l’immediato collocamento nello stesso contesto in cui è nato e cresciuto (essendo cresciuto in comunità ed essendo ormai abituato a sentir parlare la lingua italiana, il trasferimento in Romania produrrebbe quale ulteriore fattore traumatico il dover incominciare a sperimentare una nuova lingua).
Tale orientamento è ora rafforzato dall’entrata in vigore del citato Reg. CE n. 2201/2003.
In presenza di un contrasto tra un accordi bilaterale e la normativa comunitaria, la Corte di Giustizia ha già chiarito che «il giudice nazionale incaricato di applicare, nell’ambito della propria competenza, le norme di diritto comunitario ha l’obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale»[3]. Nel caso dell’accordo Italia Romania si è già visto come sia prevista una norma (art 9) che fa salvaguardia degli effetti di eventuali leggi contrastanti.
Alla luce di tali considerazioni, attesa la sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto previsti, si debba dichiarare lo stato di adottabilità del minore e che inoltre, tenuto conto della tenera età e delle esigenze di nuovi riferimenti familiari, sia opportuno disporre l’immediato collocamento in una famiglia avente i requisiti per l’adozione, scelta da questo Tribunale.
Visti gli artt. 330, 333, 336 CC e 741 cpc, deliberando in via definitiva e con effetto immediato,
dichiara
la madre decaduta dalla potestà genitoriale sulla figlia G. G. C.
visti gli artt 8 e ss l. 184/83
dichiara
lo stato di adottabilità della minore G. G. C.,
visto l’art 741 cpc, provvedendo in via d’urgenza nell’interesse della minore, autorizzando in questa parte la provvisoria esecutività del presente decreto
nomina
il Comune di Rho quale Tutore provvisorio della minore.
dispone
l’interruzione dei rapporti della minore con la madre ed il suo collocamento presso idonea famiglia adottiva scelta da questo Tribunale.
dispone
l’archiviazione del proc n. 161/11 R Gen/e
Si notifichi ex art 15 co 3 della l. 5.4.1983 n. 184 con avviso che avverso la presente sentenza si può proporre impugnazione innanzi alla Corte d’Appello a norma dell’art.17 L.184/83 nel termine di trenta giorni dalla data di notifica, a mezzo di avvocato:
- al P.M. sede;
- al comune di Rho, quale Tutore, anche via fax;
- alla madre, e in caso d’irreperibilità ai sensi dell’art .143 C.P.C.,
- al legale della madre via fax ex art 151 cpc
- al legale/curatore della minore
- Si comunichi al Servizio Sociale SERCOP
Milano, 20 settembre 2011
Il Presidente est
[1] In seguito corretto con decreto 15.6.2011 relativamente ad un refuso informatico
[2] Cfr Tribunale per i Minorenni di Milano, sentenza 16.10.2008, est Marino
[3] Cfr Sentenza 27.11.2007, Causa C-435/06, 57° considerando, nella quale si richiamano i precedenti giurisprudenziali (9.3.1978 n. 106/77, Simmenthal p. 629 punti 21-24; 19.6.1990 causa C. 213/89, Factorame , Racc , p. 1-2433, punti 19-21, e 18.7.2007, Causa C- 119/05, Lucchini, Racc. p. 1-6199, punto 61, Sentenza 27.11.2007, Causa C-435/06