salta al contenuto

Collaborazione tra il Tribunale e il Centro milanese di psicoanalisi C. Musatti a sostegno dei tutori dei minori stranieri non accompagnati

venerdì 26 febbraio 2021

Una iniziativa del Gruppo PER  di Milano

Gruppi esperienziali per i Tutori di Minori Migranti non accompagnati

“La possibilità di sviluppare un sentimento di appartenenza  sembra essere un requisito indispensabile per mantenere il sentimento della propria identità. Le persone nelle quali il sentimento di solitudine è particolarmente accentuato, avranno problemi che si acutizzeranno nelle loro esperienze migratorie, perché queste rafforzano  per un certo periodo di tempo il vissuto di non appartenenza. Non si appartiene più al mondo che si lascia e non si appartiene ancora al mondo in cui si arriva.”(Grinberg e Grinberg,1986)

 

 La parola migranti si associa oggi nelle nostre menti  ad  immagini dolorose e traumatiche di corpi ammassati nei barconi, o in campi di raccolta, o più recentemente a piedi che marciano  nella neve  scalzi, a  sguardi smarriti e nello stesso tempo dignitosi e in attesa di risposta alla loro speranza, a corpi persi  nelle acque , a madri e bambini aggrappati , bambini spesso muti, silenziosi ,  che  hanno sospeso il pianto di richiesta e  la speranza  di risposta : sono  immagini che ci toccano,  muovono le nostre risposte emotive più profonde e empatiche e nello stesso tempo le nostre difese dal dolore. Fa parte della moltitudine del grande movimento migratorio   anche una quota importante   di minori non accompagnati, che non hanno altrettanta visibilità. Sono adolescenti tra i 13 e i 18 anni e restano sullo sfondo della nostra percezione, della nostra attenzione. Si tratta di ragazzi non ancora adulti, non più bambini.  Sono la maggior parte maschi, molti in fuga dal loro paese, raramente in fuga dalla famiglia, i più affrontano il viaggio   con il consenso della famiglia stessa, che sostiene la spinta verso un futuro diverso.

 Nel 2017 la legge Zampa, colmando un vuoto, garantisce un sistema organico di accoglienza, come tutela a questi adolescenti, che sono  in assoluto, tra i migranti, la categoria  più vulnerabile Nasce la figura del  tutore volontario,  punto di riferimento per il minore straniero non accompagnato, con il compito di facilitare  la sua crescita e vigilare sulla tutela dei suoi diritti, nell’adempimento della legge stessa.

 

Nel 2018 alcuni di noi, analisti del gruppo PER di Milano, attivano una prima esperienza, con un gruppo di tutori volontari a Como, a cui farà seguito, con la collaborazione della Presidenza del Tribunale dei Minori di Milano, l’apertura di altri gruppi. Si tratta di gruppi condotti da due analisti, con cadenza mensile e della durata di 1ora e ½ per un arco di tempo di 9 mesi. Gli incontri sono gratuiti e l’adesione dei tutori al programma è libera. In ogni incontro, a turno, un tutore porta una propria esperienza che viene ascoltata e discussa dal gruppo.

Il bisogno dei tutori di trovare uno spazio di sostegno alle difficoltà del loro ruolo e la nostra motivazione, come psicoanalisti e come persone, ad offrire uno specifico contributo in un fenomeno di alta rilevanza sul piano umano e sociale, danno vita all’esperienza.

 Il primo obiettivo dichiarato dai tutori era stato la creazione di una rete che favorisse il confronto su problemi legati agli aspetti operativi del loro ruolo. Attraverso la discussione, però, ben presto emerse la necessità, fortemente percepita, di un aiuto a sostenere fatiche emotive e nuclei di dolore mentale a cui il ruolo espone.

La scelta di divenire tutori esprime una motivazione profonda: al senso di responsabilità civile e sociale, si affianca, con modalità soggettive diverse, legate alla storia di ognuno di loro, l’offerta generosa di mettere a disposizione se stessi per un incontro, una relazione, un’esperienza di aiuto e di scambio umano.

L’esperienza di accoglienza, anche se motivata da un sincero slancio, inevitabilmente contiene  l’esposizione all’incontro con il dolore, a incertezze e frustrazioni delle aspettative, può suscitare inquietudini perturbanti e  oscillazioni inevitabili nell’ avvicinamento.

 Sentimenti difficili da sostenere che saranno testimoniati nel gruppo, trovando condivisione e, attraverso l’ascolto e il confronto, uno spazio di  contenimento e di elaborazione.

 Gli scambi e i racconti via via evidenziano la consapevolezza della reciprocità della parola straniero: chi arriva provenendo da altri territori e culture ci appare straniero, ma anche noi siamo per loro stranieri. Nell’incontro fra stranieri e fra ospitanti e ospitati, ospitalità e accoglienza o estraneità e ostilità sono movimenti contigui che spesso si alternano nella relazione.

Le tracce delle esperienze traumatiche dei minori, l’incontro con lo sconosciuto, l’incertezza e la fatica nell’avvicinarsi, tra speranza e paura, aperture e chiusure difensive reciproche, entrano nel campo relazionale e lo condizionano.

Ma anche elementi importanti della realtà esterna definiscono e limitano il ruolo e il delicato percorso di costruzione del legame, esposto a possibili rotture, o perdite, (trasferimenti dalle comunità, chiusura della pratica di affido ecc.). Centrale è stato il lavoro sul riconoscimento dei limiti posti dalla realtà e il sostegno alla fatica per l’accettazione delle necessarie rinunce, nel mantenimento del valore del loro ruolo, come esperienza di ricostruzione di fiducia.

Il tema della continua ricerca della distanza e/o della giusta vicinanza emotiva e comportamentale, è fortemente presente nei racconti.  

 Una tutrice racconta: Omar si è sempre comportato bene con lei, con cui ha un solido rapporto, ma in comunità ha avuto reazioni aggressive pericolose. Ora lei sente improvvisamente di avere timore di possibili gesti aggressivi del ragazzo anche nei suoi confronti: sa di dover dire no alle sue richieste di essere accolto a casa, di avere il suo numero di cellulare, di diventare “suo figlio”.  Come reagirà di fronte ai limiti che lei gli deve imporre? Il gruppo si identifica: i difficili dubbi e le paure possono essere riconosciuti e condivisi. Anche noi conduttori partecipiamo entrando nel campo emotivo e viviamo dentro di noi echi di vibrazioni inquiete, il disorientamento che può svelare l’emergere di sentimenti di pre-giudizio difficili, dal labile confine. Il lavoro del gruppo apre il passaggio ad un pensiero, nell’elaborazione di propri bisogni e paure.

 Le paure possono essere più angoscianti ed estreme. Una fantasia paurosa si anima e serpeggia nel gruppo, al racconto dei dubbi di Maria.

Forse il suo ragazzo si sta radicalizzando? Perché è cambiato e diventato sfuggente? Chi frequenta? Un suo fratello era stato rapito dall’Isis.

Il gruppo lavora e si interroga. Qualcuno associa alle comuni reazioni di chiusura degli adolescenti. Uno dei conduttori parla dell’umano e del disumano, della necessità di recuperare la fiducia. Ma anche della necessità, per crescere, di allontanarsi dall’oggetto d’amore.

Maria improvvisamente ricorda un recente episodio. Una merla ha fatto il nido fuori dalla veranda. Si schiudono le uova e lei fa la foto e la manda al ragazzo, che da qualche tempo non le parla, con qualche commento.

Lui risponde: “Non mi meraviglio, perché anche gli animali sanno dove trovare amore. Si capisce che è mancata Lucia (la pappagallina morta) e la merla vuole farti compagnia”

Il gruppo ha fatto con Maria un percorso di emersione dalla paura e dal pregiudizio.