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"In grazia di DIO" (2014)

In grazia di Dio

di Edoardo Winspeare (recensione di Joseph Moyersoen)

Un nucleo familiare tutto al femminile: Salvatrice (la nonna, interpretata da Anna Boccadamo), Adele (la madre, interpretata dalla brava e intensa Celeste Casciaro, nonché moglie del regista), Maria Concetta (la sorella, interpretata da Barbara De Matteis) e Ina (la figlia di Celeste Casciaro nel film e nella vita reale, interpretata da Laura Licchetta). A causa dei debiti cumulati e della bancarotta della ditta familiare di fasonisti dovuta anche alla concorrenza cinese, le quattro protagoniste si vedono costrette a vendere anche la casa e a trasferirsi in una piccola masseria abbandonata nella campagna di Finis Terrae, Santa Maria di Leuca, sul suggestivo confine dei due mari Ionio e Adriatico, per coltivare la terra e vivere di baratto tra il verde degli ulivi e l’azzurro del mare.

Un film al femminile, tant’è che le uniche figure maschili presenti fanno da sfondo: il fratello e l’ex compagno di Adele, l’amico funzionario di Equitalia (interpretato da Gustavo Caputo, co-fondatore col regista della casa di produzione Saietta Film), il vecchio contadino e i fidanzati di Ina. Quattro donne protagoniste, sempre pronte a scontrarsi duramente senza freni, sempre pronte a criticarsi senza peli sulla lingua, ma anche pronte a salvaguardare il loro legame familiare e affettivo, l’unico che la crisi non riesce a spezzare, capaci di conciliare accordi e disaccordi.

Calato nel nostro tempo caratterizzato da una profonda crisi non solo economica, l’ultimo lungometraggio di Edoardo Winspeare è interamente girato nel Salento, tra i Comuni di  Tricase e Castrignano del Capo. Recitato in dialetto salentino, come alcune opere precedenti tra cui ricordiamo “Sangue vivo” (2000), il film è una piccola storia sulla complessità delle relazioni umane e sulle dinamiche relazionali nel lento scorrere della quotidianità e nei momenti veramente importanti e critici della vita.

Con il punto di vista della gente comune, il film è intriso di grandi temi, come il peso della fatica di vivere, la crisi economica, la dignità del lavoro, la religione più come retaggio culturale dal sapore antico che come vero e proprio culto cristiano, il ritorno a e il forte legame con la natura e la terra, il conflitto transgenerazionale adulti/adolescenti, l’amore di chi è diversamente giovane, l’accanimento della società pubblica Equitalia incaricata della riscossione dei tributi, ma soprattutto la speranza della felicità. Le conseguenze delle scelte di ciascuno, come la condanna al carcere per il fratello e l’ex compagno, la gravidanza inattesa, il matrimonio della nonna, sono tutte frutto dell’accettazione o meno delle risposte alla crisi e delle decisioni prese dalla capofamiglia Adele.

La figura di Adele è centrale. Donna dal carattere asciutto, silenzioso e schivo, dedita ai sacrifici e al duro lavoro per il forte senso di responsabilità e della famiglia allargata da mantenere, ma anche poco incline all’accettazione di altri stili e scelte di vita, come il desiderio di recitare di Maria Concetta da Adele denigrato e schernito, e l’inquietudine e la rabbia adolescenziale di Ina che rifiuta di studiare per prendere la maturità.

Scritto da Edoardo Winspeare e Alessandro Valente, prodotto dalla casa di produzione Saietta Film fondata dallo stesso regista e da Rai Cinema e realizzato con il contributo della Regione Puglia, il lungometraggio è stato presentato con successo nella sezione Panorama del 64° Festival del Film di Berlino. Una piccola storia profondamente mediterranea ma anche di respiro europeo con la forza dei grandi affreschi umani, molto moderna e frutto di una narrazione classicistica (sceneggiatura semplice, sguardo sui fatti e tempi dilatati) rielaborata. Tipica produzione "home made", infatti ha privilegiato il pagamento delle location tramite baratto, mentre gli attori sono locali e non professionisti. Un'altra peculiarità è l'aspetto ecologico della produzione: rifiuto della plastica, l’uso di biciclette, i pernottamenti presso i set, gli avanzi dei pasti dati agli animali degli agricoltori limitrofi.

Il regista, nonostante le sue origini europee, è uno dei più legati al suo territorio, e con quest’opera torna alla finzione dopo un periodo dedito a lavori documentaristici (“Filia Solis”, 2009, e “Sotto il Celio Azzurro”, 2010) e a uno spettacolo teatrale (“Festa teatrale per i 150 anni dell'Unità d'Italia”, 2011). Nel 2012 è stato Insignito del Premio Kallistos nella sezione "Immagini del Sud" con la seguente motivazione: «A Edoardo Winspeare, regista di pellicole quali “Sangue vivo” e “Galantuomini”, per la capacità di raccontare attraverso la scrittura cinematografica le tante anime di un Salento impastato di colori, musiche, riti secolari e ferite dell’oggi, in uno spazio in cui il mito incontra la cronaca».  

E’ un piccolo film sulla felicità. La felicità poi non è una corrente continua di positività, è qualcosa che va e che viene, ma quando viene è qualcosa di potente, può arrivare dopo molte traversie e molta infelicità, ma quando arriva è come se fosse una grazia”, ha dichiarato durante le riprese lo stesso regista.

Ora devi pensare di stare bene e poi di stare in grazia di Dio”, sono le parole pronunciate nel film dalla nonna Salvatrice alla nipote Ina. Sono parole che racchiudono oltre al titolo anche la vera e profonda sostanza del film, intriso del substrato sociale e religioso trasmesso incontaminato da generazioni, parole capaci di inondare di luce il buio delle esistenze.