salta al contenuto

"Welcome, un film sui giovani migranti"

Pubblichiamo una recensione di Joseph Moyersoen

Welcome di Philippe Lioret

 

Capita che un film arrivi nel posto giusto al momento giusto, e questo è accaduto a “Welcome”.

Il lungometraggio racconta con grande semplicità l’incontro tra due persone diverse, Bilal e Simon, entrambe decise a non rassegnarsi alle ingiustizie e a non accettare il fallimento.

Bilal (Firat Ayverdi), un minorenne iracheno di etnia curda che, dopo mesi di duro viaggio, giunge a Calais dove incontra molti altri immigrati clandestini provenienti da vari Paesi del sud del mondo intenzionati a raggiungere l’Inghilterra. Ma Bilal ha una ragione speciale per voler arrivare a tutti i costi in Inghilterra: Mina, la ragazza che ama, è emigrata con la sua famiglia a Londra. Dopo aver tentato di passare la frontiera nascosto nel retro di un TIR, tentativo fallito perché scoperto dalla Polizia, Bilal decide allora di trovare un’altra strada. Inizia ad allenarsi nella piscina comunale di Calais dove incontra Simon (Vincent Lindon), un istruttore di nuoto che accetta di insegnargli a nuotare bene, perché vuole attraversare la Manica a nuoto.

Simon, inizialmente poco interessato ai problemi degli immigrati clandestini di cui invece si occupa con una associazione di volontariato la ex moglie Marion (Audrey Dana) da cui sta divorziando, comincia a prendersi cura di Bilal fino ad ospitarlo a dormire in casa sua insieme ad un altro ragazzo. Da qui iniziano per Simon i problemi con le forze dell’ordine che combattono l’immigrazione clandestina.

Il film è dedicato alle persone in fuga dai propri Paesi d’origine, spesso perché perseguitati per varie ragioni oppure vittime di conflitti armati oppure semplicemente intenzionati a trovare una nuova e migliore vita, determinati a raggiungere l’Inghilterra da loro vista come l’Eldorado. Affronta un tema di grande attualità, ed è stato molto criticato per il “j’accuse” nei confronti delle istituzioni, in particolare delle forze dell’ordine, per le modalità in cui combattono l’immigrazione clandestina. Centrale è la discussione tra Simon e un agente di Polizia, che spiega al bagnino che la popolazione francese che aiuta i clandestini, è penalmente perseguibile fino a cinque anni di carcere (articolo L622/1 della normativa sull’immigrazione), perché così facendo incentiva il flusso di clandestini e alimenta il traffico e lo sfruttamento degli stessi da parte di organizzazioni criminali. “Quello che accade oggi a Calais ricorda ciò che è accaduto in Francia durante l’occupazione tedesca: aiutare un clandestino è come aver nascosto un ebreo nel ’43, vuol dire rischiare il carcere” ha commentato il regista subito dopo l’uscita del film nelle sale francesi, scatenando una violenta polemica a cui ha risposto lo stesso ministro dell’immigrazione Eric Bresson, definendo improprio il paragone.

Anche in Italia la discussione proprio su questo punto è in questo periodo molto accesa, soprattutto dopo l’introduzione con la legge n. 94/2009 del reato di immigrazione clandestina, che non ha neppure previsto la sua inapplicabilità rispetto a soggetti di minore età, nonché del giro di vite rispetto alle possibilità di ottenere la conversione del permesso di soggiorno al compimento dei diciotto anni, creando anche notevoli difficoltà agli operatori della giustizia minorile.

Oltre alle forze del’ordine, anche la gente comune è nell’occhio della cinepresa del regista. Basti pensare la scena del supermarket, quando un clandestino non viene fatto entrare e nessuno batte ciglio, oppure l’inquadratura dello zerbino con la scritta che da il titolo al film, davanti all’appartamento del vicino, il quale denuncia Simon per aver accolto in casa più volte dei ragazzi clandestini, accusandolo anche di avere con loro rapporti sessuali e di pedofilia essendo uno di loro minorenne.

Altre opere ci hanno fatto conoscere il tema dell’immigrazione clandestina, basti pensare all’intensa docufiction di Michael Winterbottom “Cose di questo mondo”, oppure il più recente e italiano “Quando sei nato non puoi più nasconderti” di Marco Tullio Giordana, in cui troviamo altri giovanissimi protagonisti.

Il progetto del film è stato portato avanti dal regista con un lungo lavoro sul campo, coadiuvato dalle organizzazioni non profit impegnate a Calais. In un’intervista, il regista ha dichiarato: “Insieme a Emmanuel Courcol ho contattato le organizzazioni non profit che fanno il possibile per aiutare queste persone, quindi siamo partiti per Calais. Per parecchi giorni, durante un inverno ghiacciato, abbiamo seguito i volontari di queste organizzazioni, venendo a contatto con la vita infernale dei rifugiati: la “giungla” dove trovano riparo, il racket delle estorsioni dei contrabbandieri, le infinite persecuzioni da parte della polizia, i centri di detenzione, i continui controlli dei camion dove stanno ammucchiati per riuscire a imbarcarsi sul traghetto e dove rischiano la vita per sfuggire alle ispezioni… Quello che ci ha sorpreso di più è stato l’età dei rifugiati: il più vecchio non aveva 25 anni. Quando abbiamo parlato con Silvie Copyans, dell’organizzazione Salam, abbiamo saputo che molti di loro, come tentativo estremo, hanno provato ad attraversare la Manica a nuoto. Mentre tornavamo a Parigi, le nostre menti erano così prese da quanto avevamo visto che in macchina non abbiamo scambiato neanche una parola…”

Philippe Lioret, già  noto in passato come tecnico del suono di molte opere, basti ricordare “Beyond therapy” di Robert Altman, poi regista di  cortometraggi e di lungometraggi tra cui “Mademoiselle” e il pluripremiato “Je vais bien, ne t’en fais pas” (Sto bene, non ti preoccupare), con la brava e bella nuova stella francese Melanie Laurent (Parigi, Bastardi senza gloria, Il concerto), entrambi incomprensibilmente mai distribuiti in Italia.

Il lungometraggio è stato presentato con successo a Berlino, Gijón e fuori concorso al 27° Torino Film Festival, dove ha vinto il “Premio Maurizio Collino” come miglior film su temi giovanili. Alla fine Bilal riuscirà ad avere il coraggio di compiere la difficile impresa e nuotare fino all’altra sponda della Manica? Ovviamente per scoprirlo bisogna vedere questo film.

Joseph Moyersoen