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"Precious"

Recensione di Joseph Moyersoen, giudice onorario presso il Tribunale per i minorenni di Milano, del Film di Lee Daniels che ha avuto sei candidature agli Oscar 2010, vincendo quelli per la migliore attrice non protagonista e per la migliore sceneggiatura non originale

Claireece Precious Jones (interpretata da Gabourey Sidibe) è una ragazza nera di sedici, obesa, chiusa e solitaria, che è all’ottavo mese di gravidanza e vive con la madre nel Bronx degli anni ottanta. Questo ritratto di Precious, da cui il titolo della pellicola, potrebbe sembrare a prima vista un ritratto come altri, se non che, mentre si viene letteralmente risucchiati dalla storia di questa ragazza, emerge un passato e un presente di abusi e soprusi. La ragazza è costretta a muoversi tra droga dilagante nel quartiere, un padre padrone, una madre alcolizzata e professori inermi di fronte al degrado sociale. Il figlio che ha in grembo è del padre che per anni ha abusato di lei, così come la figlia disabile che ha avuto due anni prima, all’età di quattordici anni, e che ora è seguita dalla nonna materna. Il padre non compare nella pellicola, se non in un breve flash back, mentre la madre di Precious è molto presente: una donna violenta, volgare, rivendicativa e nullafacente. Violenta e rivendicativa perché accusa la figlia di avergli portato via il marito da cui lei non è riuscita ad avere altri figli, mentre nullafacente perché vive chiusa in casa come una sanguisuga attaccata ai sussidi che Precious si fa dare dai servizi sociali, simulando un quadretto familiare più roseo. Basti pensare alla visita domiciliare dell’assistente sociale, in cui la madre si mette una parrucca, si fa portare per l’occasione la figlia disabile di Precious che vive con la nonna e il nucleo familiare recita perfettamente la sua parte, per il sussidio. In tutto ciò va anche detto che Precious è analfabeta e per colpa della seconda gravidanza viene espulsa da scuola e scopre di essere sieropositiva.

Tutto ciò contribuisce a creare l’atmosfera grigia e a tratti nera che aleggia e in cui si muove lentamente la ragazza trascinando il suo fisico ingombrante, che più che vivere vegeta, costretta a subire soprattutto le umiliazioni della madre, che sfoga su di lei tutta la sua cattiveria e la sua rabbia. Le scene dei pasti preparati dalla ragazza sono significative, e il cibo assume la valenza del solo nutrimento fisico e affettivo a disposizione.

C’è molta sofferenza nell’infanzia di Precios, ma nonostante questo la ragazza dimostra avere dentro di se una forza e un desiderio di riscatto incredibili. La sua resilienza scatta proprio in un momento in cui la madre se la prende con il neonato di Precious ed entra in funzione a ritmo incalzante, attraverso la reazione ad una serie di eventi concatenati che porteranno al distacco dalla figura materna e all’avvio di un proprio faticoso cammino lontano dalla sua famiglia di origine, anche grazie all’aiuto dell’insegnante di una scuola per ragazzi con problemi sociali in cui viene iscritta una volta espulsa dall’altra scuola e ai consiglio dell’infermiere che l’assiste dopo il parto.  Significative le scene oniriche di Precious, in cui si vede attrice di successo e acclamata dal pubblico, vestita con lustrini e paillettes in occasione di feste mondane, scene che scattano proprio nei momenti di più grande sofferenza.

Nel cast troviamo anche i famosi cantanti e amici del regista Lenny Kravitz e Mariah Carey, ben integrati nella pellicola ma poco riconoscibili per l’importante adattamento fisico e psicologico ai personaggi che interpretano, il primo figura maschile positiva ossia l’infermiere che si prende cura di Precious, e la seconda l’assistente sociale che, con la scarsità di strumenti a disposizione, ha in carico e monitora le vicende della ragazza e del suo nucleo familiare.

Unica nota stonata è il poco credibile intervento di mediazione che l’assistente sociale realizza tra Precious e la madre. Poco credibile perché, difficile poter ridurre ad un incontro di pochi minuti, un percorso che necessiterebbe di molteplici e lunghi incontri. Ed è questo il rischio di condensare in poco tempo a fini cinematografici. Così come è discutibile l’assenza totale di qualunque accenno ad un’eventuale azione giudiziaria da parte della vittima, che nel frattempo riesce a prendere le distanze dal suo passato tormentato. Questo può essere spiegato dal fatto che nel sistema americano l'esercizio dell'azione penale è rimesso alla scelta discrezionale del pubblico ministero (prosecutor), di nomina elettiva che, senza alcun controllo, decide l'opportunità o meno di procedere nei confronti di chi abbia commesso un reato. Inoltre negli USA, la maggior parte dei processi (oltre il 90% secondo recenti statistiche federali) viene definita mediante una intesa fra pubblico ministero e difesa, i quali, previa assunzione di colpevolezza da parte dell'accusato, si accordano  sia in ordine al reato da punire (ove più siano i reati commessi) sia in ordine alla misura della pena da infliggere. Da questo accordo, la persona che ha subito il reato, ossia la vittima (ad es. di una violenza sessuale, di una rapina, di una estorsione) resta del tutto esclusa e, sostanzialmente priva di tutela. In pratica, nonostante dagli anni ’70 negli USA si studi e si pratichino strumenti di giustizia riparativa, il sistema giudiziario penale è ancora molto improntato sul modello repressivo. Non dimentichiamo peraltro che in 33 dei 50 Stati di cui sono composti gli USA, è ancora in vigore la pena capitale.

Questo è il tema del lungometraggio realizzato da Lee Daniels, già conosciuto per aver prodotto prima “Monster’s ball - L'ombra della vita” nel 2002 interpretato da Halle Berry che ha vinto l’Oscar per quell’interpretazione, poi “The Woodsman – il segreto” interpretato da Kevin Bacon sul tema della pedofilia e infine il road movie “Tennessee” che racconta il viaggio di due fratelli alla ricerca del padre. Ma il suo debutto alla regia risale al 2006 con “Shadowboxer”, storia di Rose (Hellen Mirren) e Mikey (Cuba Gooding Jr) spietati killer a contratto e amanti nonostante la differenza d'età e il colore della pelle. Quindi tutte pellicole con temi “caldi” e per nulla leggeri, ma sempre centrati visto i molteplici premi con cui sia critica che pubblico li hanno accolti. Anche Precious lascia il segno, con tre premi al Sundance Film Festival, una standing ovation al Festival di Cannes nel 2009, dove è stato presentato nella sezione Un Certain Regard, una candidatura ai Directors Guild of America Awards nel 2010 e infine sei candidature agli Oscar 2010, vincendo quelli per la migliore attrice non protagonista e per la migliore sceneggiatura non originale.

La pellicola è basata sul romanzo “La storia di Precious Jones” di Ramona Lofton, in arte Sapphire Push ed è stato prodotto da  Oprah Winfrey che in occasione del lancio del film ha dichiarato: «Lei è veramente una bravissima attrice, infatti il personaggio di Precious non ha nulla in comune con lei. Sembra una creatura di un altro pianeta, sicura di sé». In un’intervista, l’attrice protagonista Gabourey Sidibe ha dichiarato: «Mi chiedono tutti come faccio ad essere così sicura di me: è semplice. Un giorno ho deciso che ero bella, così ho iniziato a vivere da bella. Indosso i colori che amo, mi trucco nel modo che mi fa sentire stupenda. Non conta come ti vedono gli altri, conta come ti vedi tu». Solo per la recitazione della bravissima e giovane protagonista, questo film va visto.

 Jospeh Moyersoen